C’è un occhio che può spingersi dove neanche il fisco arriva. Non c’è privacy, né top secret che tenga. Lei o lui possono. L’ex moglie o l’ex marito hanno pienamente diritto ad accedere ai documenti del rispettivo consorte. C’è un
Serpico dentro la famiglia che può guardare dentro i certificati dei redditi rilasciati dal datore di lavoro (Cud), nelle buste paga, nelle dichiarazioni dei redditi, negli atti di liquidazione dei compensi. Altro che redditometro. Un database da far invidia alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate. Basterebbe il plotone delle migliaia di separati ogni anno (circa 90mila) a stanare buona parte dell’evasione fiscale italiana. Il vecchio adagio «tra moglie e marito non mettere il dito» vale anche per la pubblica amministrazione. Con la declinazione che il «dito» in questione è il velo della riservatezza. Invece no, l’importo del reddito percepito dall’ex non è un dato sensibile. Lo stanno affermando il Consiglio di stato e progressivamente tutti i Tar interessati, dopo che la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ha spianato la strada. La ragione è semplice: consentire al giudice di decidere quale sia l’importo esatto dell’assegno di mantenimento che ogni mese il coniuge obbligato deve versare ai figli. Uno degli ultimi casi ha riguardato proprio un dipendente pubblico. Causa di separazione in corso. Il giudice gli aveva chiesto di presentare i Cud dal 2007 al 2009 perché nella sua retribuzione oltre allo stipendio c’erano anche emolumenti per prestazioni professionali e, quindi, tassati a parte. Il diretto interessato ha fatto finta di nulla. Allora la moglie ha pensato bene di rivolgersi direttamente alla fonte, vale a dire al datore di lavoro. Anche qui nessuna risposta, ma non si è persa d’animo e si è rivolta al Tar. Risultato? Il tribunale amministrativo le ha riconosciuto il diritto di prendere visione della documentazione richiesta e ha anche condannato l’amministrazione coinvolta a pagare le spese di giudizio e gli onorari.
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Non solo il Cud deve essere accessibile. La moglie può ottenere anche la copia degli atti di liquidazione dei compensi ricevuti dal marito da una società che gestisce un servizio pubblico. Lo stesso dicasi per le buste paga: sono “solo” dati patrimoniali, ma nient’affatto sensibili. Il no look è escluso anche per gli elenchi dei contribuenti, qualora sia quello il canale necessario per svelare il reddito imponibile dichiarato dall’ex coniuge e il tipo di dichiarazione dei redditi presentata. Se c’è in ballo l’importo dell’assegno divorzile, l’interesse è «diretto, concreto e attuale». Il discorso vale anche a parti invertite, quindi se è il marito a chiedere l’accesso.
Molto spesso a fare la differenza, ancora prima dei redditi, è la condizione lavorativa dell’ex coniuge. Così per sapere se effettivamente il consorte è occupato o meno quale può essere la cartina di tornasole? Semplice, l’estratto conto contributivo. Nel caso specifico, il marito – obbligato a pagare l’assegno – contestava la dichiarazione dell’ex di non essere in grado di svolgere alcuna prestazione lavorativa e di non avere un proprio reddito e riteneva, invece, che fosse effettivamente occupata. Anche perché da quest’ultimo aspetto, non proprio irrilevante, dipendeva il fatto stesso che dovesse continuare a versare gli importi stabiliti in tribunale. Per questo aveva chiesto alla direzione provinciale dell’Inps di vederci chiaro sui contributi versati. Al rifiuto di rendere trasparente quanto richiesto, si è rivolto alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Il “verdetto” è stato che «il diritto ad acquisire l’estratto conto contributivo del ricorrente prevale sul diritto alla riservatezza» della moglie. Ma si può andare ancora più alla radice. Ad esempio, ai centri per l’impiego. In questo caso, qualche piccola concessione alla riservatezza c’è. L’accesso deve limitarsi all’indicazione del rapporto lavorativo in corso e dei dati identificativi del datore di lavoro. A quel punto, poi, se le informazioni non fossero necessarie, il diretto interessato può sempre chiedere al giudice, attraverso il proprio legale, di poter conoscere il contenuto economico del contratto di lavoro. Un messaggio chiaro e forte a separati e divorziati di tutta Italia. Attenti a fare i “furbetti” del mantenimento per nascondere le effettive ricchezze e sottrarsi ai propri doveri. All’occhio «interessato» dell’ex non può scappare proprio nulla.